Prima o poi dovevamo parlarne: l’argomento guide e classifiche è uno dei più dibattuti nel mondo pizza, ma anche in quello gastronomico generale. E non potevamo esimerci dal discuterne anche noi di Che Pizza – Il Podcast.
A chi servono davvero le guide? Come possono essere ritenute affidabili le classifiche? Quali sono i criteri di scelta?
Una conversazione che apre infinite porte di discussione. Potete ascoltare la puntata dal player Spotify in alto, oppure leggerne una trascrizione qui sotto.
Come sempre, vi invito a venirla poi a commentare nel gruppo Telegram di Che Pizza – Il Podcast.
Simon: Amici di Che Pizza Podcast bentornati per una nuova puntata. Buonasera Peppe, bentrovato.
Peppe: Buonasera Simon, bentrovato a te, anche se però mi dispiace non potertelo dire dal vivo. Guarda questa puntata che è la prima puntata che facciamo da tanto tempo, che registriamo online, quindi stiamo un po’ contravvenendo alla regola d’inizio stagione, per cui volevamo cercare di incontrarci il più spesso possibile, ma in realtà fino adesso siamo stati bravi. Solo che però io per questa puntata di oggi ci avrei tenuto particolarmente a parlare faccia a faccia perché oggi so che tu mi vuoi portare un argomento abbastanza controverso.
Simon: Io ti voglio portare, Peppe, su un campo minato. Adesso forse è un po’ esagerato.
Peppe: Tremo, sto già tremando.
Simon: No, non tremare. Peppe tu sai di cosa voglio parlare ma adesso lo sveliamo anche ai nostri ascoltatori. Io con te voglio parlare di classifiche e guide sulla pizza.
Peppe: Olè, perfetto. Allora, adesso possiamo chiudere il podcast perché forse in questa puntata ci attireremo una bellissima shitstorm, non lo sappiamo, oppure ci potremo attirare tanti applausi. Oppure no, infatti. Ci potranno buttare delle bestemmie o delle banane virtuali, non lo so.
Simon: E questa è la cosa bellissima. Sarà una sorpresa. Quello che accadrà sarà una sorpresa.
Peppe: Esatto, e voglio sottolineare per i nostri ascoltatori che è una sorpresa anche per me, perché qua dobbiamo fare un piccolo backstage. Simon ci ha tenuto tantissimo a fare questa puntata da pericchio tempo e io non ero proprio convintissimo, ma alla fine mi sono convinto. Ma ovviamente come al solito non abbiamo niente di preparato, saremo qui a confrontarci e a condividere le nostre opinioni. e adesso io non ho la minima idea di come Simon voglia affrontare questa puntata, quindi io adesso ti lascio il campo e ti do la parola.
Simon: Benissimo Peppe, allora voglio iniziare questa puntata raccontandoti una storia.
Peppe: Mi piace lo storytelling.
Simon: La nostra storia si ambienta a Roma. C’è un ragazzo, diciamo un giovane adulto più che un ragazzo, che si appassiona alla pizza e vuole andare a provare tante pizzerie buone, vuole provare le pizzerie più buone. Prima prova quelle vicino casa, le più ovvie, ma poi si vuole spingere, si vuole spingere più là, vuole uscire dal suo quartiere, vuole andare oltre, vuole allargare i suoi confini. Però a Roma ci saranno 300, 400, 500 pizzerie, non lo so, e quante altre ce ne sono in Italia. E quindi che cosa fa questo ragazzo? cerca su Google, fa una cosa banalissima, cerca migliori pizzerie di Roma ed esce un sito, una classifica e è così chiaro, è tutto così chiaro, è organizzatissima, ha un nome inconfondibile, ci sono le schede, c’è una classifica e lui vede che ce ne sono 3, 4, 5, ci sono alcune delle migliori pizzerie d’Italia, ma che dico d’Italia del mondo e quindi inizia a provarle e dice le voglio provare tutte diventa una specie di obiettivo della sua vita e la usa anche come una guida anche quando viaggia in giro per l’Italia e ha voglia di una pizza buona dice ma è così comodo quel sito è sempre a portata di mano e ti dirò non delude completamente. Le pizzerie che prova questo giovane adulto lo posso chiamare il nostro eroe. Non lo deludono così. Però poi il nostro eroe conosce, conosce tanti amici che parlano di pizza e inizia a capire che forse questa guida, questa stella polare che ha usato negli anni, nei pochi anni della sua passione per la pizza, Forse non è l’unica fonte, non è la fonte più attendibile. Alcuni dicono segui l’istinto, sembra un po’ Karate Kid, no? Metti la cera, togli la cera. Altri gli dicono chiedi a me, te lo dico io. E a questo punto ti dico, ha sbagliato il nostro eroe a seguire questa guida?
Peppe: È una domanda retorica? Non lo so perché io ero totalmente rapito dalla tua storia, quindi mi aspettavo una conclusione fenomenale.
Simon: È una domanda. Ha sbagliato il nostro eroe a seguire questa guida?
Peppe: No, io non credo, perché era un eroe che stava trovando la sua strada e se il viaggio dell’eroe ci ha insegnato qualcosa è che un eroe ha sempre bisogno di una guida.
Simon: Un eroe ha sempre bisogno di una guida, giustissimo, come Dante ha avuto bisogno di Virgilio, ma vogliamo parlare della qualità delle guide, vogliamo parlare, cioè la storia.
Peppe: Finisce così, la mandiamo subito in vacca, parliamo della qualità dell’episodio. Pensavo che questo viaggio continuasse e ci fosse poi la caduta dell’eroe e poi la sua risalita.
Simon: No, c’è un’altra caduta, la caduta dell’attenzione, un male tipico di noi millennial dopo un minuto e mezzo. Il tempo di un TikTok è finita la storia, è finita la caduta Io.
Peppe: Però devo dire che se qualcuno ha perso l’attenzione durante questo meraviglioso racconto, non merita di ascoltare questo podcast perché io veramente ero strapreso. Comunque, parliamo, parliamo delle guide e vogliamo parlare anche del fatto che tra le righe quell’eroe eri tu.
Simon: Sì, beh, senza false modestie, lo vogliamo dire sì, ero io. Dai, su. Per chi non l’avesse capito, dai, ero io, su.
Peppe: Va bene, allora Simon cosa ti è successo? Eri un profano di pizza, hai cominciato a fidarti di guide e è successo qualcosa sul tuo percorso di conoscitore delle pizze che ti ha cambiato un po’ quella visione, che ti ha deluso forse?
Simon: Ma più che deluso diciamo che ho iniziato a chiedermi quali fossero le fonti, i metodi di queste guide, di queste classifiche che sono più o meno pubblicizzati però non sono sempre chiarissimi. Però mi sono chiesto, ed è questa la domanda che ti vorrei porre, sappiamo benissimo che nessuna classifica, nessun giudizio è veramente oggettivo, ma se c’è una classifica e una guida che è comunicata da tutti, dai pizzaioli in primis, perché sappiamo che quando una pizzeria o un pizzaiolo finisce su una di queste guide, una di queste classifiche con un buon risultato, viene pubblicizzata in maniera ampissima su tutti gli account social. Addirittura ci sono alcune di queste classifiche che producono delle targhe che si possono apporre nel locale. Non sempre con enorme chiarezza, oserei dire, perché a volte ci sono segnalazioni, a volte sono in classifica, non si capisce sempre benissimo. Insomma, sembra che queste guide si propongano come un criterio oggettivo, soprattutto quello che mi interessa dire è che sembrano proporsi come un criterio oggettivo per guidare il consumatore verso una scelta di qualità.
Peppe: Ma io qui però vorrei già mettere un punto fermo e vorrei fare una distinzione tra guide e classifiche e vorrei che tu fossi chiaro nel momento in cui ti riferisci all’una o all’altra cosa, perché io ho due opinioni differenti su entrambi e vorrei scremare, vorrei separare, vorrei separare, vorrei che fossi chiaro su questo.
Simon: Ti devo dire che le guide con cui ho maggiore esperienza hanno anche un elemento di giudizio perché assegnano un punteggio alle pizzerie e diciamo mettono in ordine le pizzerie con alcune che sono considerate quelle migliori da provare quindi automaticamente dirigono l’attenzione su alcuni locali piuttosto che altri, quindi non sono semplicemente un elenco, ma hanno anche un elemento di giudizio.
Peppe: Perfetto, allora qua già cominciamo a fare una distinzione e credo che sia doveroso. Tra l’altro apprezzo tantissimo il fatto, e su questa cosa non c’eravamo messi d’accordo, ma apprezzo tantissimo il fatto che tu rimani generico e non facciamo nomi, perché credo che ai fini della nostra discussione non ne abbiamo bisogno, sono tante le guide di ristoranti e pizzerie là fuori, così come sono tante le classifiche, quindi chi ascolta il nostro podcast sa che noi parliamo di un macro argomento, non andiamo per criticare qualcuno o qualcosa direttamente, a meno che questo non sia funzionale alla nostra argomentazione. E allora, ritornando al discorso guide e classifiche, bisogna dire che sì, effettivamente, molte guide con il sistema di giudizio che possano essere i cappelli, le forchette, i tovaglioli, non lo so adesso sto inventando, comunque automaticamente anche quando non vanno a stilare una classifica in realtà creano un sistema per cui danno dei voti di eccellenza ad alcune attività ristorative rispetto ad altre e quindi anche se non sono loro esplicitamente a pubblicare una classifica su quelli che sono i loro canali mediatici, i giornalisti che comunque attendono l’uscita di queste guide sono loro a formulare una classifica sulla base di questi criteri e ci sta tutto perché nel momento in cui tu comunque stai dando dei voti di giudizio. Magari dando anche dei voti numerici ci vuole ben poco a mettere a scalare i voti numerici a dire per questa tale guida determinate attività sono ai primi dieci posti dell’Italia, del mondo, della regione, quello che vogliamo. E quindi in ogni caso si è creato un ranking, che è quello che comunque effettivamente distingue una classifica to court da una guida che ti segnala semplicemente i posti dove andare a mangiare, perché poi ci sono anche guide che non danno giudizi di merito, o meglio, non danno delle votazioni numeriche.
Simon: Posso fare un intermezzo storico, Peppe? Dopo la deriva di storytelling? La guida gastronomica più famosa al mondo è chiaramente la famosissima guida Michelin, no?
Peppe: Esattamente.
Simon: Con le sue stelle. Tu sai il sistema delle 1, 2, 3 stelle originariamente? Qual era il criterio di giudizio delle 1, 2 o 3 stelle?
Peppe: Sì, vediamo se me lo ricordo bene, vediamo se lo riesco a esplicitare. Intanto la premessa storica che dobbiamo anticipare è il fatto che la guida Michelin nasce per aiutare i viaggiatori in quanto la guida era legata al marchio di pneumatici per le automobili e quindi era un modo, in realtà non so, era un modo per vendere più pneumatici.
Simon: Esattamente, era un modo per far fare più chilometri alla gente in macchina, per farla mettere in macchina e andare a mangiare fuori e quindi vendere più pneumatici. Il criterio era una stella, se ve lo trovate lungo la strada vale la pena fermarsi. Due stelle vale la pena fare una deviazione dal vostro percorso per andarci, tre stelle vale la pena uscire di casa, prendere una macchina e andarci appositamente. Questo era il criterio.
Peppe: Quello che oggi facciamo con gli aerei, all’epoca con le automobili, perché poi la guida Michelin se non mi sbaglio risale alla fine del XIX secolo.
Simon: Esattamente.
Peppe: Non vorrei dire una fesseria.
Simon: No, no, no, dici correttamente, dici correttamente.
Peppe: Non ho in mente la data precisa, però non stiamo parlando di questo.
Simon: Nemmeno io, nemmeno io. Questa storia tra l’altro l’ho sentita in un podcast, perciò gli diamo credito.
Peppe: Che possiamo citare. Assolutamente. Lievitomadre.
Simon: Lievitomadre di Eugenio Signoroni, e raccontava di questa cosa, che a me è piaciuta tantissimo, perché l’ho trovata così, in un certo senso anacronistica, perché ovviamente, come hai detto tu, adesso si prendono gli aerei, si fanno i food trip di giorni solo per andare a mangiare in un ristorante c’è gente che prende l’aereo per andare a mangiare i noodles dalla signora thailandese che ha la stella Michelin di cucina per strada.
Peppe: E ci sono anche folli come il sottoscritto che prendono aerei per andare a mangiare pizze all’altro capo del pianeta.
Simon: Ma questa è una cosa favolosa. Però nella sua semplicità, nella sua linearità, secondo me ha una cosa bellissima, che è un criterio assolutamente, praticamente cristallino. Perché certo si potrebbe obiettare che era quello che serviva alla Michelin per vendere più pneumatici, però la cosa che mi piace tantissimo è che mi sembra un criterio piuttosto disinteressato da quello che è poi l’oggetto della guida stessa, cioè i ristoranti. Li rappresenta come forma di possibili destinazioni. e questo invece è una caratteristica che io sento molto mancare nel mondo delle classifiche e anche nel mondo delle guide un po’. Nel senso che trovo, e questo probabilmente è anche funzionale al fatto che spesso chi si occupa di guide, di ristoranti e pizzerie debba mantenere in certa misura un anonimato, una riservatezza per non essere riconoscibile, ma trovo che ci sia poca trasparenza sui criteri e non tanto sulle personalità, ma su chi è che giudica. Tant’è vero, e qui finisco il mio excursus, che una delle mie guide di ristoranti preferita, e soprattutto direi anche molto rispondente poi a quello che era il giudizio dato, era una guida di ristoranti che credo che esista ancora a New York, che si chiama Zagat, che era una guida fatta con quattro punteggi, mi pare, espressi, calcolando la media di tutti i giudizi espressi su quel ristorante, dagli utenti stessi della guida. E quindi praticamente era una sorta di TripAdvisor antelitteram in cui era espresso un giudizio medio, però con poi una piccola sinossi scritta dai curatori della guida. Tu mi direi, beh ma c’è oggi, ci sono le recensioni di Google, c’è TripAdvisor. Non lo so, io la trovo molto più affidabile e molto più educata delle recensioni su TripAdvisor e su Google, anche se a volte devo dire che le utilizzo anche io. Però ecco, tornando all’argomento della nostra puntata, mi sembra che manchi un po’ una dichiarazione di intenti specifica, oltre ovviamente all’eventuale prestigio o meno dell’editore o editrice della guida, o una non meglio precisata autorità di chi stila questa classifica. Ed è questo che ha iniziato a mettermi in crisi da utente di queste classifiche, da persona che cercava una guida nel mondo infinito delle pizzerie, oltre magari soprattutto anche prima di conoscere te, di conoscere tanti altri esperti che ho conosciuto tramite il podcast che hanno cominciato a darmi consigli molto ben circostanziati. E comunque devo dire che ancora faccio affidamento a queste cose.
Peppe: Simon, voglio farti una domanda. Quando è che hai cominciato a perdere fiducia nelle guide? E soprattutto, hai mai dato credito alle classifiche tout court? O ti sei semplicemente soffermato a libri che hanno questa cosiddetta autorevolezza e che ti sapevano indicare verso punti ben specifici?
Simon: Ho iniziato a perdere fiducia quando ho visto locali che pur essendo assolutamente legittimi, ad esempio vi posso dire che ho iniziato a perdere fiducia in una classifica quando ho visto la sede in franchising di una famosissima pizzeria. Lì mi sono detto un attimo come è possibile che una nuova sede in un’altra città di una pizzeria famosissima sia in classifica? Allora, o in classifica ci deve essere la pizzeria in generale con le sue X sedi nelle varie città, ma com’è possibile che quella di questa città sia la migliore, addirittura migliore della sede originale? Chiaro, è un caso di allievo che supera il maestro? Non lo so. Lì ho cominciato a farmi delle domande mi sono chiesto ma forse forse c’è una volontà anche magari di dare visibilità ad alcuni locali rispetto ad altri oltre ovviamente a dei casi anche di pizzerie che magari non conosco, perché non ho provato personalmente, che però ho visto scomparire velocemente da queste classifiche. Poi un altro aspetto è, ad esempio, quando ho visto alcune di queste classifiche che si sono addirittura proiettate a livello internazionale. Vedi, c’è una cosa molto divertente. Oggi sono pieno di citazioni. Negli Stati Uniti si gioca un campionato di football e un campionato di baseball e praticamente in maniera molto autocelebrativa le squadre che vincono questi campionati praticamente, soprattutto nel baseball, vengono incoronate fondamentalmente i campioni del mondo. Perché? Perché la verità è che in nessun altro paese si giocano campionati di football o di baseball a quel livello. Però è un po’ come cercare di dire, beh in Italia c’è il campionato più bello del mondo, allora chi è campione d’Italia è la squadra più forte del mondo. A parte che non è vero e io non ci capisco nulla di calcio. Ma comunque mi sembra un’operazione un po’ curiosa. E ho visto questa cosa riportata anche a livello internazionale in alcune classifiche di pizzerie. E, sempre grazie a questo podcast, ma anche grazie a dei prodotti come, ad esempio, Chef’s Table Pizza, mi sembra di capire che il mondo della pizza sta diventando talmente variegato che poter arrivare a dire che una pizzeria è la migliore del mondo… cioè, lì mi piacerebbe veramente sapere quante ne sono state veramente provate, quante… se si è andati veramente a cercare, a scovare tutti coloro che veramente stanno facendo innovazione nel mondo della pizza. Insomma, ho iniziato a farmi queste domande, mi sono chiesto ma come vengono realizzate, come vengono scritte queste guide? Probabilmente ci sono anche delle persone che tra l’altro conosciamo che potrebbero anche aiutarci a dirimere meglio la questione, ma restiamo in topic.
Peppe: Restiamo in topic e tu stai aprendo tantissime porte. Io direi che comunque dovremmo sempre cercare di mettere una linea di demarcazione tra guide e classifiche nonostante anche le guide, come abbiamo detto, possono fare delle classifiche. Però la guida di per sé è un prodotto un po’ più limitato parlando anche proprio della guida fisica perché comunque non esiste guida che non venga fatta per non essere venduta ovvero sono dei prodotti che comunque sono principalmente dedicati a un settore molto di nicchia, quello degli appassionati, e principalmente pensati per essere venduti all’industria. Come tu prima dichiaravi il fatto che la presenza in una classifica o una guida è un onore di merito per un’attività ristorativa che comunque la elenca nella sua comunicazione, allo stesso modo anche la guida fisica deve essere presente in pizzeria o nel ristorante solo per certificare che effettivamente quella attività è presente nella guida. Eh sì, è in effetti un po’ un’industria che alimenta se stessa, ovvero sono un po’ come i magazine di settore, ovvero magazine che non arriverebbero mai in edicola perché l’utente medio non li leggerebbe, ma sono pubblicati, sono prodotti studiati e pubblicati proprio per un pubblico specifico che ha bisogno di tenersi aggiornato, di tenersi al corrente. in questo caso però per quanto riguarda il settore guide non so quanto all’utente finale interessi la presenza dei competitor nella guida se non la sua propria presenza quindi che sia la pagina dedicata o la colonnina però un intero libro di anche 400, 500, 600 pagine deve essere acquistato a prezzi anche non irrisori certe volte solamente per fare bella mostra di sé nei ristoranti. Ora, questa è la parte polemica dedicata al motivo per cui esistono le guide, anzi non tanto al motivo per cui esistono le guide, ma come il mercato delle guide alimenta se stesso. Poi subentrano anche gli sponsor che comunque devono poter anche finanziare la produzione della guida perché la casa editrice da sola non regge. Però soffermiamoci anche invece un poco sull’utilità che ha verso l’utente medio, ovvero chi va al ristorante, quindi quel pubblico di nicchia di cui ti parlavo prima. Che utilità ha la guida? Secondo me ce l’ha. nel senso che si ha bisogno di una voce considerata autorevole per poter orientarsi nel vasto mare di offerte che ci sono là fuori. Bisogna dire che se mentre alcuni privilegiati hanno la possibilità economica e anche di tempo di poter girare molto e di poter provare personalmente molti dei ristoranti o delle pizzerie che sono presenti in una guida o di poter fare quella stessa persona anche esperienza propria di locali che non sono presenti nella guida, quindi poter girare, provare e avere ricche esperienze gastronomiche, l’utente medio non può e ha bisogno delle guide così come ha bisogno dei siti web o delle classifiche per potersi orientare e andare a colpo sicuro. La presenza in una guida sicuramente aiuta molto perché se io sono in viaggio per vacanza, per piacere, per lavoro o quant’altro e voglio mangiare bene e devo andare a colpo sicuro, non posso permettermi né di perdere tempo nella scelta di un posto o di spendere soldi in un’esperienza che poi potrebbe non essere soddisfacente, Apro la guida, vedo nella zona dove mi trovo qual è il ristorante raccomandato e vado a colpo sicuro. Colpo sicuro poi relativamente parlando, perché una guida non garantisce automaticamente che tu rimanga soddisfatto da quell’esperienza, ma può essere determinato da tante cose. Può essere determinato semplicemente da gusti differenti rispetto a chi ha stilato quella guida, può essere determinato dal fatto che quel giorno va tutto storto in quel locale per mille mila motivi che non andremo mai a elencare, potrebbero essere tantissime le varianti per cui qualcosa potrebbe non funzionare. Il ristorante potrebbe aver cambiato menù, una guida cartacea diventa molto facilmente obsoleta perché molti ristoranti cambiano menù spesso e quindi una guida può limitarsi a dire che si mangia bene, può limitarsi a raccontare l’esperienza di chi è stato in quel posto in quel momento, ma sicuramente quei piatti che avrà provato quella persona spesso e volentieri non saranno i piatti che proverai tu. Quindi sono tante le variabili in gioco che potrebbero poi risultare in un fallimento. Certo è che se il fallimento diventa ripetuto e costante, allora là uno deve porsi delle domande. Però rimane sempre il fatto che è una questione molto soggettiva, molto relativa, siamo tante persone con tanti gusti differenti, con tanti criteri di scelta differenti. Allora io cosa ritengo? Ritengo che il fatto che esistano delle guide che comunque si impegnino per indirizzare le persone che non hanno queste possibilità che ti dicevo prima e lo fanno comunque con una certa autorevolezza che è dettata anche dall’esperienza di chi stila questi guide è una cosa molto positiva secondo me, perché ce n’è bisogno intanto per parlare di gastronomia, perché fa bene al settore della gastronomia, e hanno anche proprio un valore di pubblica utilità. L’unica cosa che a me invece non va bene è quella parte di classifica che viene poi estrapolata da queste guide quando queste guide appunto cominciano a dare delle votazioni. E io sono totalmente contrario al sistema dei cappelli, degli spicchi, delle rotelle, dei cucchiai, forchette, coltelli e quant’altro. Sono refrattario a qualsiasi tipo di votazione che possa infilare dei nomi uno dietro l’altro. E qui entriamo nel settore delle classifiche che invece diventa l’argomento più dolente perché quando tu invece fai quel discorso su non si capiscono bene i criteri con cui certe classifiche vengono stilate, allora sì diventa un problema nel momento in cui le classifiche sono molto ambiziose. Perché rispetto a quello che dicevo prima, le guide se volentieri si limitano o al territorio nazionale o addirittura al territorio regionale e, a meno che non si tratti della guida Michelin dove si sa che i collaboratori sono anonimi, spesso riportano il nome dei loro contributor. Si sa che comunque quella guida è frutto di uno sforzo collettivo di tante persone che sono state selezionate in base alla loro esperienza, in base alle loro conoscenze, molte persone comunque sono dei gastronomi, sono dei sommelier, sono ex hotelier, quindi comunque ne capiscono, e diciamo il rapporto che c’è tra la guida e il suo lettore è un rapporto di fiducia, quindi io che acquisto questa guida sto dando fiducia al valore di una guida che comunque si è costruita una reputazione nel corso degli anni. La stessa cosa la dovrei poter fare per una classifica, se non fosse che certe classifiche tendono a diventare troppo ambiziose a non essere nemmeno così esplicite nei criteri. Io adesso andrei avanti, però prima vorrei un attimo fermarmi perché se no parlo solo io e vorrei sapere cosa ne pensi tu di questa cosa che ti ho appena detto e di questa demarcazione che ho fatto.
Simon: Io penso che sia molto giusta però tornando anche alla tua domanda originale in generale se io mi fido delle classifiche è vero che noi comunque come esseri umani abbiamo una tendenza psicologica costante a cercare di mettere ordine nel caos.
Peppe: Basta leggere il libro di Nick Horby “Alta fedeltà”, che era tutto basato sulle classifiche.
Simon: Esattamente. E essendo il mondo della ristorazione comunque un mondo dove l’offerta è ampiamente superiore alle possibilità di scelta, come dicevi tu, è impossibile che qualcuno provi tutti i ristoranti che vuole provare, o in maniera abbastanza profonda. Certo, se uno dice “voglio provare tutti i ristoranti a 100 metri da casa mia”, magari ci riesce. Però già solo io ti potrei dire che, abitando in una zona abbastanza popolosa di Roma, ci metterei qualche settimana. Però è chiaro che chi vuole spendere i suoi soldi con cognizione di causa, in maniera opportuna, mangiando qualcosa di buono, nel nostro caso una buona pizza, sicuramente cerca una guida. Oppure si affida alla consuetudine, questo non lo possiamo sapere. Ma diciamo che non sa dove andare e quindi cerca su una guida. E quindi le guide e le classifiche da che mondo è mondo guidano tante delle nostre scelte, anche ad esempio quelle relative all’intrattenimento. Sappiamo che ormai su qualsiasi piattaforma tutto è affidato all’algoritmo. Credo che volersi affidare a qualcosa che dirime un po’ il caos sia naturale, sia umano ed inevitabile. Sicuramente è giusto quello che dici tu, c’è una netta linea di demarcazione tra resoconto dell’esperienza e valutazione dell’esperienza. Però io mi sento di dire che alcuni tipi di valutazione, quindi come 1, 2, 3 spicchi, teglie, non lo so, stelle marine, è ancora qualche cosa che riesco a capire. Cioè mi sento di dire che penso di acquistare o comunque leggere un prodotto che è stato realizzato da professionisti, so che hanno, dovrebbero perlomeno aver visitato tutti i locali di cui parlano e alcuni dove sono stati, dove hanno mangiato particolarmente bene vengono diciamo elevati e gli viene data maggiore visibilità e maggiore spazio. Ad esempio, lo so che esula un po’ dall’argomento della puntata, ma io trovo assolutamente ridicolo che si possa fare una recensione a un locale su TripAdvisor senza averci mangiato. So che è una strada senza uscita e non la imboccherò ora ma io credo che ben vengano piattaforme come Booking o Airbnb dove puoi recensire un albergo solo se ci hai dormito.
Peppe: Qua ti voglio dare molto ragione perché nel momento in cui piattaforme come Booking o Airbnb danno delle votazioni di merito, danno le loro stelline con giudizio e eccellenza di quelle che trovi quando vai nei locali e ti trovi la targa votato premio eccellenza 9.5 media sono punti dati effettivamente da chi ci ha dormito, quindi dagli utenti. È una classifica effettivamente di merito basata comunque non su criteri oggettivi perché comunque rimangono sempre criteri soggettivi perché laddove per esempio io posso andare in un hotel e stare benissimo in una stanza di tre metri per tre ma mi va bene tutto perché comunque ha tutte le funzionalità un’altra persona potrebbe dargli un voto bassissimo semplicemente perché non è troppo grande e da qua non se ne esce più e la stessa cosa vale anche per i ristoranti di TripAdvisor con però il neo che tu hai ben sottolineato che molti possono valutare un ristorante anche senza esserci stati. Però, ritornando anche al discorso che facevi prima di Zagat, sembra quasi un risultato conseguito in maniera più meritocratica, perché è il popolo che elegge, ovvero l’utente finale, quindi non c’è questa stratificazione in livelli di presunta superiorità laddove c’è l’attività e poi c’è in mezzo il giudizio di una persona presumibilmente esperta o comunque autoproclamatasi esperta e poi il popolino che si deve fidare. Io però continuo a dire che questa cosa secondo me non è totalmente sbagliata perché abbiamo bisogno di persone che operino un filtro e questa cosa funziona molto bene per le guide. Invece vorrei fare una distinzione ancora più netta che passa tra la guida e la classifica ed è: quando la classifica è fine a se stessa e quando non è più uno strumento per orientarsi e quindi uno strumento utile all’utente finale, quanto invece uno strumento di marketing e principalmente di intrattenimento ovvero una classifica messa in piedi per far parlare di sé, far parlare di quello che può muovere e far parlare anche ovviamente degli sponsor che la finanziano? Perché poi alla fine della fiera dobbiamo sempre ricordarci che comunque queste guide, queste classifiche debbono mettere in moto la macchina dell’industria della comunicazione gastronomica. Hanno un motivo di esistere per questo, però un conto è quando questo motivo si allinea anche con uno scopo di utilità verso l’utente finale, un altro conto è quando invece il motivo è un po’ fine a se stesso e allora ritorniamo all’industria che parla di se stessa ed è un poco come la cerimonia degli Oscar che non fa altro che premiare il cinema americano e non fa altro che invitare attori, produttori, scenografi, cantanti, ballerini, comunque tutte le persone che lavorano nell’industria ma non è lo spettatore medio che va al Kodak Theater a guardare lo spettacolo, ma sono semplicemente i rappresentanti di quell’industria che salgono sul palco e si congratulano tra di loro. Ecco, questo è quello che spesso e volentieri diventa una classifica oggi. Solamente un modo dell’industria di consacrare se stessa e non si sa quanto a chi faccia bene, perché chiaramente al ristoratore che finisce in classifica fa gioco poter utilizzare il suo conseguimento nella sua comunicazione e quindi all’avventore che si siede a tavola e vede un menu dove ci sono una sfilza di riconoscimenti conseguiti non può far che un’ottima impressione. Però quell’avventore si è già seduto alla tua tavola, sta già per spendere i suoi soldi quindi non so in che modo queste classifiche possano davvero orientare l’utente finale, che spesso e volentieri è proprio fuori dai giochi, è proprio fuori da questi giri di comunicazione, perché chi è davvero interessato a questi argomenti sono, diciamolo forte e chiaro, i nerd appassionati come noi che rappresentano una ristretta nicchia e sicuramente non alimentano di molto l’industria gastronomica con i propri soldi. Non siamo in numero sufficiente.
Simon: No, decisamente a questo punto mi viene anche in mente il fatto che forse è, come dici tu, una gigantesca, ben congeniata, ma un po’ forse fuorviante operazione di marketing, quella di stabilire una classifica, darsi un nome e diffondersi in tutte le pizzerie come marchio inevitabile di qualità, quando poi però si presenta difficile, almeno agli occhi di un utente medio come me, capire quali sono ad esempio i criteri per cui è stata costituita questa classifica, perché a mia conoscenza non sono immediatamente consultabili i criteri di scelta di alcune classifiche. Non viene detto “questa pizzeria è eletta la migliore d’Italia o la migliore del mondo… Perché? Perché lo decido io”. Che potrebbe essere anche una cosa, se qualcuno dicesse, ce ne sono tanti, no? Uno dice io seguo un Instagram, o uno youtuber di food e mi fido del suo giudizio, no? Ce ne sono tanti che esprimono il giudizio, raccontano esperienze in maniera molto trasparente. ma credo che appunto manchi fondamentalmente questo livello di trasparenza, barra, adesso forse uso una parola un po’ forte, onestà. Nel senso, basta autodefinirsi l’autorità mondiale sulla pizza per poi esserlo? Come dici tu, chiaramente la risposta è in tutto il sistema, in tutta l’industria della pizza, che evidentemente si riconosce in questo tipo di classifiche, quindi partecipa volentieri. Ma mi chiedo anche quanto sia facile, quantomeno per essere messo in classifica devi avere una chance, devi essere provato. Sarei curioso di sentire, magari da qualche giovane pizzaiolo, qualche giovane ristoratore, quanto è difficile venire notati in una di queste classifiche? Perché potenzialmente io potrei essere un pizzaiolo bravissimo che fa un prodotto rivoluzionario e magari potrei prendere e salire direttamente al numero uno di questa classifica. Non che sia facilissimo, ma non è nemmeno impossibile. Però mi piacerebbe sapere, ci si può candidare? C’è una scheda? Si può segnalare? Dov’è il criterio?
Peppe: Io credo che questo comunque sia diverso a seconda del tipo di classifica. Ogni classifica, così come ogni guida, fa storia a sé e qui bisognerebbe indagare caso per caso che non è quello che vogliamo fare noi, perché io capisco molto il discorso dei criteri non immediatamente evidenti, che è comunque anche quello relativo, perché se poi approfondisci, magari vai sul sito della tale classifica, avranno anche la pagina con i loro criteri, ma il fatto stesso con cui loro elencano i loro criteri di merito, quale che sia il loro sistema di punteggi o i fattori che valutano nelle loro decisioni, non toglie il fatto che comunque tu sei in balia di persone che non hanno un volto o un nome, o perlomeno non ce l’hanno in molti casi, poi magari vengono anche rivelati, ma che comunque sono persone altre da te, spesso e volentieri molto diverse tra di loro, soprattutto comunque quando le classifiche hanno delle ambizioni di livello mondiale, e che quindi non potranno mai avere una certa oggettività di giudizio, Uno, perché comunque parliamo di qualcosa che è oggettivamente non misurabile. Non stiamo parlando di sport, dove ci sono dei criteri ben definiti per valutare se un atleta è superiore a un altro. E poi in secondo luogo parliamo comunque di tante persone con palati differenti, culture differenti, quindi anche modi di giudicare differenti, che avranno comunque un impatto su questa scelta che poi si ripercuote sulla classifica finale e più diventa estesa più diventa difficile che sia… vorrei dire credibile, però il concetto non è la credibilità perché, e qui vorrei un attimo ritornare sul principio di autorevolezza di cui parlavi tu prima, io non sono totalmente contrario. In che senso? È chiaro che nel momento in cui io dico che sono un’autorità per giudicare questo genere di cose, me le canto e me le suono. Ma se sono bravo nella mia comunicazione a far passare questo messaggio, a circondarmi di persone che mi diano credito, e a portare avanti un progetto che comunque arrivi alle persone e venga riconosciuto come tale, come autorevole, beh in tal caso da che sono partito io a dichiararmi autorevole sono gli altri che mi conferiscono questa autorevolezza. E qua entra sempre in gioco il discorso della relatività, perché ciò che è autorevole per te non è detto che lo sia per me, ma è il gioco a cui stiamo giocando. Lo sappiamo ed è anche il motivo per cui ci sono tante classifiche, tante guide, tanti riconoscimenti. Perché laddove tu puoi utilizzare – ecco magari, parliamo del tema viaggi per non fare nomi in ambito gastronomico – laddove tu potresti per esempio identificare come la Lonely Planet la guida migliore per viaggiare nel mondo, io potrei dirti no, la Lonely Planet è un prodotto estremamente commerciale, a me piace di più la Rough Guide perché la Rough Guide la sento più viva, più vera. Sto facendo degli esempi, naturalmente, non sto dando dei giudizi di merito, però in ogni caso lo stesso discorso si può applicare anche alle guide gastronomiche. E sulla questione autorevolezza e riconoscimenti io vorrei mettere in gioco un terzo fattore perché abbiamo parlato di guide, abbiamo parlato di classifiche, ma c’è all’interno di questa macchina di comunicazione dell’industria che alimenta se stessa un terzo elemento che sono però appunto i riconoscimenti .E devo dirti la verità Simon è una soluzione di compromesso che a me piace molto: ovvero quando una rivista, un ente, un’associazione o quant’altro non decide di pubblicare delle guide, non decide di fare una classificazione numerica, ma decide semplicemente di prendere delle eccellenze che ha riconosciuto come tali e di dare loro un riconoscimento che non è messo a paragone con nessun altro. Quindi nessun candidato, nessun “and the winner is”. Abbiamo una e una singola persona o una e una singola attività o una e una singola realtà per una categoria ben stabilita. E gli si dà quel riconoscimento. È un modo per valorizzare il lavoro di una persona. Stai implicitamente dicendo che quella persona è superiore a tutti gli altri? No, non lo stai dicendo affatto. Stai dicendo che tu, in quell’ambito, che sia una cerimonia annuale, che sia un evento particolare, ti fa piacere riconoscere il merito di quella persona o di quella realtà che ti ha colpito particolarmente e lo vuoi dichiarare in pubblico. È un modo secondo me molto elegante e se vogliamo anche un po’ furbo, però non furbo in maniera cattiva, ma furbo proprio perché appunto ti discosti da tutto questo macchinone mediatico di classifiche, tutte le polemiche che ne derivano, e invece molto più elegantemente dici “Io ho creato un evento per riconoscere queste eccellenze in questi determinati ambiti e lo faccio secondo quello che è il mio giudizio di merito, che non si ritiene superiore a quello di nessun altro, ma il mio è soggettivo e rimane là”. Nessuna classifica mondiale, nessun giudizio definitivo, nessun elenco di primo, secondo, terzo, quarto e quindi un elenco di meriti e demeriti, niente di niente. È una cosa che a me piace molto e devo dirti la verità, se io potessi o meglio potrei anche farlo in futuro, comunque se dovessi trovarmi all’interno di una realtà che mi permetterebbe di farlo, a me piacerebbe creare un riconoscimento di questo tipo, ovvero se io Giuseppe D’Angelo, lo dico proprio come cosa personale, mi trovassi all’interno di una realtà editoriale o anche una realtà come la nostra, cioè chi lo potrebbe dire? Anche Che Pizza Podcast potrebbe creare il suo award e dire noi stiamo premiando delle realtà che ci piacciono particolarmente. L’ho buttato là ma potremmo anche farlo, chi ce lo viterebbe? E credo che sia una soluzione molto elegante.
Simon: Certo, ed è una cosa che diciamo informalmente sui nostri canali social e sul nostro gruppo Telegram già facciamo, condividiamo le nostre, dico nostre esperienze personali di pizza. Magari parliamo con piacere di locali dove siamo stati particolarmente bene. Non facciamo mistero di quelli che sono i nostri locali, le nostre pizzerie preferite, quantomeno nelle nostre città, insomma i posti dove andiamo con piacere. Lo diciamo senza alcun problema. Però credo, come dici tu, che qui ci sia una bella differenza rispetto a quella di dire questa è una guida con dei voti e o una classifica ben precisa in cui c’è un primo, un secondo, un terzo. Quella dei premi, dei riconoscimenti sicuramente è una bellissima soluzione. Anche perché credo che fondamentalmente ci sia quello che io lamento di non trovare in tante di queste realtà, cioè un patto chiaro con chi poi si fa guidare da questo riconoscimento. Cioè io so che una realtà editoriale, un account social che mi piace seguire, riconosce un’eccellenza, una straordinarietà in una realtà e quindi lo premia e io posso decidere autonomamente se fidarmi o meno. Quello che io contesto è invece chi si pone come guida classifica oggettiva senza però spiegare e mettere in chiaro quali sono poi invece i criteri reali di come è stata costituita questa classifica. Non è uno sport, non c’è un ordine d’arrivo, non si vince se si vendono più pizze, non si vince se si fa la pizza più costosa.
Peppe: Alla fine della fiera per i pizzaioli dovrebbe essere tutto quello che conta, ovvero fare il classico sold out che dichiarano sempre a fine serata sui loro social, ovvero comunque riempire i tavoli e finire gli impasti, fare i soldi, fatturare.
Simon: Certo, però io immagino, sono sicuro anzi, che ci siano magari delle ottime pizzerie che fanno regolarmente sold out, però non sono citate in nessuna guida, non vengono citate in nessun modo.
Peppe: Perché non c’è magari ancora stata occasione di scoprirle e bisognerebbe chiedersi una volta che le hai scoperte se le vuoi inserire all’interno di una classifica, quindi non di una guida. Quell’inserimento fa poi la differenza, fa una differenza nel rendimento di quell’attività, cioè quella pizzeria comincerà davvero a guadagnare di più solo perché è stata inserita in una classifica?
Simon: Questo non te lo so dire. Nell’attività, quello che posso osservare io da cliente, nell’attività fa una gran differenza perché sia la comunicazione sui canali social, sia la comunicazione in pizzeria stessa, è altamente influenzata da queste classifiche di riconoscimenti ed è per questo che sicuramente è giusto quello che tu dici che queste classifiche sono chiaramente fatte a uso e servizio del mondo piuttosto ristretto dei professionisti della pizza ma la conseguenza reale e oggettiva è che questi riconoscimenti provenienti dalla partecipazione a queste classifiche sono poi esibiti con grande orgoglio nei locali e quindi possono in alcuni casi magari contribuire a fuorviare o magari confermare l’opinione dei consumatori. Ma comunque se io vedo una placca in un locale che dice questa è una delle migliori pizzerie d’Italia potrei tendere a fidarmi.
Peppe: Comunque non c’è da essere ipocriti perché io se fossi un ristoratore lo esporrei molto volentieri il sigillo anche se tendenzialmente potrei essere contrario alle classifiche e ti dirò di più Simon tra l’altro questo è un atto di onestà che devo fare nei confronti dei nostri ascoltatori: io nella mia vita ho sempre cercato di seguire una linea coerente, ovvero io ho sempre dichiarato per chi mi avesse dovuto seguire sulle mie pagine sul mio blog Pizza DIXIT o sui vari canali social annessi, ho sempre dichiarato la mia indifferenza nei confronti delle classifiche. Anzi, prima il mio disprezzo e poi la mia indifferenza proprio perché ho sempre ritenuto le classifiche un esercizio che non poteva essere messo in piedi con i criteri di oggettività che ci aspetteremo. Mentre invece ho sempre dichiarato apprezzamento per i riconoscimenti. Perché sto dicendo questa cosa? Perché senza fare nomi mi sono trovato a parlare con pizzaioli che sono stati anche premiati che molto candidamente mi hanno detto “io ritengo comunque che questa classifica sia criticabile ma ci fa bene esserci dentro ed è anche comunque un riconoscimento, un apprezzamento che fa sempre piacere”. Diciamo che comunque io apprezzo anche l’onestà di chi standoci dentro continua a criticarla ma ha anche l’onestà di ammettere di dire “comunque mi fa gioco per la mia comunicazion”e. Continuo a essere in maniera molto obiettiva, critico su determinati aspetti di queste classifiche però si ha anche la possibilità di vedere punti di vista differenti e credo che alla fine i punti di vista importanti siano quelli di chi sono condizionati da questo gioco, da questa macchina.
Simon: Concludendo perché come abbiamo detto veramente potremmo andare avanti per ore e aprire un milione di finestre da questo argomento ma il mio auspicio come amante della pizza è che ben vengano questo tipo di iniziative ma magari con una dedizione maggiore alla comunicazione non solo della classifica stessa, che come hai detto tu fa gioco a tutti e va benissimo, abbiamo tutti bisogno di promuovere le nostre attività, non siamo degli illusi e non diciamo che non dovrebbero esserci queste cose. Ma forse un po’ più di trasparenza e oggettività su quali sono i criteri che portano alla formazione di queste classifiche, secondo me concorrerebbe anche tantissimo al prestigio di questi strumenti. Perché chiaramente, quando io so che una classifica viene costituita perché ci sono un tot di criteri, ci sono un tot di visite, se qualcuno mi chiedesse, guarda, abbiamo visitato ogni pizzeria che viene inserita in classifica, quattro sere diverse, di giorni diversi, abbiamo ordinato cose sempre diverse, così abbiamo testato la qualità, ben venga, insomma. Però mi piacerebbe veramente sapere quali sono i criteri che stanno dietro a queste scelte.
Peppe: Beh allora questo è il tuo messaggio alla nazione praticamente Simon, quindi più onestà, più trasparenza nel mondo delle classifiche. Però Simon io ti ringrazio perché come al solito poteva essere una puntata molto scivolosa e che poteva sfociare nella polemica, ma come sempre invece L’abbiamo portato avanti con garbo, con delicatezza e con gentilezza. A me piace fare questi confronti così raffinati con te. Te lo sto dicendo con una tazza di tè in mano e un monocolo. Però, come sempre, noi non facciamo altro che aprire delle porte di discussione e vogliamo incoraggiare la discussione. Quindi, Simon, dove i nostri ascoltatori possono venire a discutere con noi dell’argomento di questa puntata?
Simon: Ma ovviamente sul nostro canale Telegram e sulla chat collegata dove siamo già in tantissimi. Tra l’altro ci sono tantissimi professionisti del mondo pizza quindi non vedo l’ora di sentire la loro opinione su questa puntata perché sicuramente sapranno dirci delle cose molto interessanti e mi aspetto una bella discussione sul canale Telegram. Se non ve la volete perdere iscrivetevi, venite a chiacchierare con noi di pizza tutti i giorni a tutte le ore noi ci siamo sempre.
Peppe: Io non vedo l’ora perché i nostri fedelissimi del canale Telegram sono sempre molto presi da questi argomenti e le discussioni che ne escono fuori sono sempre molto interessanti. Ma a te che stai ascoltando, adesso guarda parlo con il tu: se questa puntata ti è piaciuta, dacci una bella votazione, ci metti 5 stelline su qualsiasi piattaforma da cui ti stai ascoltando .Ci farebbe molto piacere anche una recensione su Apple Podcast perché ci aiuta a farci conoscere, a farci crescere .Ne approfittiamo anche per chi non lo sapesse per ricordarvi che noi abbiamo anche un sistema di crowdfunding per sostenere questo podcast che si trova su Buy Me a Coffee. Quindi se volete sostenerci con una donazione o con un abbonamento potete andare su buymyeacoffee.com/chepizzapodcast e potete aiutarci a sostenere il nostro progetto. Vi aspettiamo, sempre con tanto entusiasmo sempre con tanta emozione e sempre…
Simon: …per amore della pizza!